lunedì 19 aprile 2010

Un po' di Poe



Per un pelo non l'ho dato via, Poe rimane il mio coniglio!
E' tutto grigio ed ha le zampe bianche, i classici calzettini. Indossa anche una bellissima cuffietta da coda che fa su e giù ogni volta che zumpetta. Ha gli occhi rossi e gli sbuffi di pelo sotto le orecchie. E' il mio Poe, che mi da i bacini sul naso perchè è rispettoso e si aggrappa ai pantaloni che più gli piacciono, si nasconde nelle tasche dei cappotti e mi consiglia che gonna mettere.
Non l'ho visto per una settimana. Da quando mi sono trasferita mi sono dimenticata di lui e non ho potuto curarlo, la lettiera è rimasta intonsa per una settimana con chiazze di pellet più scure e una moltitudine inquietante di palline nere. Tanta di quella cacca che davvero sguazzava nella merda, molto più di me. Così io e mamma a malincuore abbiamo deciso di darlo via, abbiamo trovato una famigliola di madre e due figli (hanno perso il padre da poco) disposti a prendersene cura, anzi, felici di prendersene cura.
Sabato mattina ero in macchina, sul sedile posteriore diretta al ristorante giapponese di Pescara quando mi arriva una chiamata: Mammina.
-Sara vieni a salutare Poe che domani mattina vengono a portarlo via-
Ho riappeso, ho pianto.
In silenzio per non farmi sentire, solo i singhiozzi che non riuscivo a trattenere, il mio Poe, che merda di padroncina che sono stata. Egoista, salvato da quell'aanimale venditore di animali, mi sono fatta amare e slinguazzare, ed ora che non ho più tempo da dedicargli, via. Non mi serve più. Che merda.
Sabato sera con una tosse roboante sono andata a casa, quella mia e l'ho salutato, mi sono sdraiata sul tappeto ed ho dormito con lui. Il suo muso sotto il mio collo, mi leccava e io mi assopivo. Dieci minuti dieci, fino a quando mio padre ha bussato alla porta.
-Scusa, ti ho svegliato-
-No, entra-
-Poe non lo diamo più, me ne occupo io-

Oggi papà è tornato con un bustone pieno di paglia e di crocchette, e poi una busta bianca di carta assorbente. Ne è entusiasta, lo va a trovare ogni volta che può e lo guarda mangiare, proprio come faceva con me e mio fratello. Lo accarezza e lo chiama Conni, da Coniglio. Tra le altre cose, ora quando io lo chiamo Poe non risponde più. Ma l'importante è che se ne occuperà papà. Non ha più figli in casa, mio fratello vive a Bologna e io vivo in città. Ora ha la creaturina sua, e io potrò continuare a farmi slinguazzare!

mercoledì 14 aprile 2010

La Casa degli Zombi



Ho visto questo film.
Mi piacciono molto i b-movie, gli effetti speciali di cacca che rendono lo splatter ancor più grottesco, che danno quella punta di schifo ma fanno anche sorridere. E la Casa degli Zombi è uno di questi film. Uscito nel 1977 rispetta i soliti clichè dei film zombi.

Il film racconta la storia della "Bella e giovane Alicienne che torna nel paese natale dopo anni di assenza per lavorare come governante nella casa della famiglia Nordon. Qui vivono il padre con i due figli Lem, già adulto, e Rosalie, una bambina viziata, da poco orfani di madre, una donna malvista dagli altri abitanti della zona che pensavano fosse una strega.
Alicienne fa molta fatica a farsi piacere da Rosalie, che si comporta in modo strano: esce di casa per andare al cimitero in piena notte, fa disegni molto lugubri, e dice di avere degli amici che però nessun altro ha mai visto, perché escono soltanto dopo il tramonto.
Presto si scoprirà che questi "amici" sono in realtà degli zombi carnivori controllati da Rosalie, che sono i responsabili delle morti misteriose avvenute recentemente nei dintorni.
Dopo avere ucciso il signor Nordon, gli zombi attaccano Alicienne e Lem, che si barricano in una piccola casa dove il ragazzo trova la morte mentre Alicienne uccide Rosalie con un'ascia.
"

La storia è molto originale, mi è piaciuta l'idea di una bambina dai poteri sovrannaturali che riesce ad evocare gli zombie e li manipola a proprio piacimento, poi è psicocinetica, quindi ancora più divertente.
Ciò che ha dell'esilarante sono gli zombi: sembrano le popolazioni africane dello Zambia che nei riti funerari si dipingono il viso di bianco. Sono tutti grigi col viso dipinto di bianco, hanno gli occhi, sono tutti pelati e perfettamente vestiti. Si muovono velocemente, sono inteligenti mangiano per lo più occhi e soprattutto, muoiono anche solo se colpiti al torace.
E' un film che consiglio di vedere, io mi son divertita a giocare a: trova gli errori!

Riflessioni cittadine (1)

Mi sono trasferita.
Vivo sempre a L'Aquila, ma stavolta in città, in quello che adesso si può definire il centro. A piedi posso arrivare ovunque, posso fare la spesa, posso invitare le persone a cena e nel giro di mezz'ora avere a disposizione tutte le leccornie che voglio. Ho un forno tutto mio, i fornelli, un televisore, un orologio a forma di diavolo, i miei due bonsai, o meglio, un bonsai e mezzo, che il ficus sta morendo. Posso andare al cinema senza overlo programmato, girellare per la città senza organizzarmi le tappe. Vivo in città, almeno fino a quando la persona che mi sta sopportando continuerà a sopportarmi.
E' il terzo giorno che sono qui e già mi sono ammalata. Tosse secca, naso smoccolante, dolori alle ossa. La classica febbre invalidante, ma secondo me è per l'emozione. Erano 15 anni che aspettavo questo momento e finalmente è arrivato. La febbre emozionante è il minimo sindacale. Per commemorare questo avvenimento mi sono rifatta il buco al naso e mi piace da morire, sono tornata a rilassarmi come non facevo da tempo, cavetto hdmi e via coi telefilm e gli anime. Sto vedendo un anime, Boogiepop Phantom, che ad ogni puntata mi lascia sempre con qualche dubbio dubbioso e attiva quelle rotelle del cervello che senza stimoli filosofici non si attiverebbero mai.
Perchè si ostinano a vivere se sanno che dovranno morire?
Frase del cazzo mi viene da dire, trita e ritrita, ma il cervello, come ho detto, è partito per la tangenziale.
La prima cosa che mi verrebbe da rispondere è: per soffrire il meno possibile, per affrontare ogni giorno da qui alla morte quanto meno peggio possibile. Ma poi una domanda è sorta spontanea?
E tutta la fatica che facciamo, a che serve? Non si vive bene faticando per vivere bene..
No, non si vive bene per niente, penso però che si debba trovare un compromesso: accontentarsi per vivere dignitosamente con più soddidfazioni possibile senza sacrificare il proprio di bene. Il masochismo non serve, gli aghi nei capezzoli lasciano il segno e prima o poi qualcuno se ne accorge sempre. E quel qualcuno siamo sempre noi.

lunedì 8 marzo 2010

Mi domando come mai i chiodi, quando entrano nel legno, cantino.

venerdì 26 febbraio 2010

Si puòòòòòò faaaaaaaaaaaaaaaareee di più!

Il circolo vizioso è un circolo vizioso, non ci stanno cazzi. E quando ci entro dentro non ci stanno cazzi uguale. Un pensiero distruttivo ne tira due, tre, poi quattro, poi cinque e via, mi rintano nel letto con la paura di cacciare il naso. Come se una lama potesse precipitare dal soffitto e tagliarmi via la punta. Come le cose si mettono poco meglio, arrivano sorrisi e rassicurazioni, caccio prima il naso, poi gli occhi, poi la bocca e il mento. Un piede, una mano e poi esco tutta, lascio le coperte ammucchiate sul letto e mi libero della zavorra depressiva. E' così che faccio ogni volta ed è sempre con la coda tra le gambe che mi rituffo nel rifugio caldo e mmorbido.
Ad oggi, questo momento pare passato.
Ieri pomeriggio avevo una cosa IMPORTANTISSIMA da fare, che mi metteva soggezione e mi insinuava una piccola dose di aspettativa.
Sono andata al primo dibattito, come giornalista.
Non sono proprio una giornalista, un quotidiano online de L'Aquila mi ha adottata e mi vuole allevare. E io mi faccio crescere il più floridamente possibile, scorazzando a destra e a manca con la macchina e andando alle conferenze e ai dibattiti che, per quanto pallosi, mi piacciono tanto.
Mi son messa la gonnellina, gli stivaletti e una maglia col collo a barchetta e mi sono buttata, alle 15 fuori l'auditorium. In macchina insieme a Rob Zombie mi sentivo grande, enorme, con la mia penna gigantesca che avrebbe scritto per filo e per segno tutto quello che avrebbero detto e la mano bionica sempre viva e attiva. Ma invece: sulla poltroncina ero piccola piccola, più piccola del mio metro e mezzo, disperata che non trovavo la cartella stampa nè il programma e bestemmiavo per la mano dolorante. Ero accanto a un giornalista de La Repubblica, il che mi permetteva di darmi un certo tono e spararmi quelle due o tre pose che altrimenti avrei evitato. Tre ore e mezza di dibattito, molto interessante ma anche molto, molto lungo. E' finito alle 18 e 30 ed io sono stata fino alle 20 e 30 a scriveere, prima a mano poi al pc. Alla fine, quando ho inviato l'email con l'articolo e ho spento il pc, mi sono andata a ubriacare.
Ed ero tanto, tanto fiera di me.

lunedì 22 febbraio 2010

Devo riniziare a scrivere.
Devo riniziare a scrivere sennò esplodo.
Sono esplosa già tantissime volte, e con le mie schegge ho ferito le persone che mi vogliono bene. Non so fare altro.
Devo riniziare a scrivere per vomitare, cacciare tutto quello che ho dentro, perchè come si dice, è meglio fuori che dentro. Voglio riniziare a recensire libri, raccontare la mia vita a piccoli passi, così da non rimanere col culo per terra a chiedere aiuto, con il terrore di rimanere sola.