giovedì 30 ottobre 2008

Domani mattina parto.
Destinazione Lucca. Oggi ho una visita medica e lo zaino da fare, sperando di ricordare tutto. Questa Lucca Comics sarà incasinata ed all'insegna del "Guarda chi c'è, riconorriamolo!", ma sarà divertente. Spero.
La cosa che mi mette l'ansia è dover fare la foto con Leo Ortolani, io odio farmi le foto. Ma devo, il re-volver docet.

Visto che non è assicurato il bel tempo, almeno spero che faccia caldo.
Ciao

giovedì 16 ottobre 2008

Blanda analisi de Il Castello dei Destini Incrociati

Calvino prende i tarocchi e li dispone su un tavolo.
Poi li sovrappone l'uno all'altro, li mischia e li scambia.

I tarocchi hanno due significati.
Il primo è quello visibile agli occhi di chiunque. Il disegno. Il significante.
Il secondo è quello latente. Ciò che quell'immagine rappresenta in un linguaggio altro. Il significato.
Ne Il Castello dei Destini Incrociati, Calvino procede per immagini. Sovrapponendole l'una all'altra, ed accostandole. Ma senza mai scostarsi dal significante. L'unico fruibile a tutti. Soprattutto a uomini che son tutto tranne che cartomanti.
I suoi personaggi sono muti e l'unico mezzo che hanno per esprimersi sono proprio i tarocchi. E si servono di quelle figure per raccontare la loro storia. Calvino si declassa a mero traduttore di un ente superiore che predispone le sequenze da narrare. Il fato.

L'idea di narrare per tarocchi è originale, ma il risultato che ne esce, a mio avviso, è troppo macchinoso.
Le sette storie de Il Castello sono mal comprensibili, spesso interrotte dal narratore che introduce nuove carte e ne spiega la fisionomia.
Le storie de La Taverna dei Destini Incrociati, invece, sono molto più lineari. Leggermente arzigogolate ma molto più semplici e di impatto immediato.

Mi sento molto vicina a questa forma di narrazione, perchè se pur acerba, la mia mente procede per immagini. Le vede, le analizza e poi le racconta. E' come se qualcuno mi inculcasse un'idea, e da quell'idea ne venisse fuori una storia. In un processo a me del tutto estraneo.

sabato 11 ottobre 2008

Papà ha letto il mio blog.

Mi ha fatto un po' strano. Quando me l'ha detto sono arrossita, ma non ho battuto ciglio.
Mi ha anche rivelato di aver letto The Metal Chopper. E la cosa mi ha lasciato un po' così.
Non mi sono vergognata, perchè prima o poi sarebbe dovuto accadere. Ma, francamente, non me l'aspettavo così presto.
Mi sarei aspettata che lo avesse fatto un DOMANI, se qualche anima pia si fosse degnata di pubblicare un mio lavoretto.
In quel caso l'avrebbero letto anche i miei nonni e tutti gli allegati.

Non pensava fossi così sboccata.
E spera che in quel fatidico DOMANI io decida di scrivere favole per bambini.

Ho bisogno di un bavaglino






Ma quanto ci sta bene Bruce Willis con la barba?

Scrat Scrat




Stamattina, dopo tanti mesi, mi sono rimessa a scrivere.
Ho buttato giù un poco, non tanto, ma sono abbastanza soddisfatta. L'idea di ritrovarmi davanti al foglio bianco un po' mi spaventava. Perchè ultimamente ero sempre forzata. Ma adesso no. Adesso viene da dentro.
Ultimamente, inoltre, stavo leggendo solo uno scrittore.
E mi succedeva che, durante la lettura, pensavo alla mia storia. E pensavo tanti dialoghi, tante descrizioni, e mi veniva da formularli come li avrebbe formulati lui. Con la sua stessa dialettica.
Ne ero contenta.
Non entusiasta ma contenta. Perchè pensavo cazzo, mi sta influenzando. Cazzo, sto imparando da lui. Cazzo.
E fino a mezz'ora fa ero della stessa opinione. Fino a quando mi sono messa davanti a word ed ho iniziato a scrivere.
Da quel momento lui è sparito. Caput, morto. Le sue proposizioni sono sparite, così come le sue parolacce e le sue cazzate.
E sono tornata io, con il mio fraseggio e le mie parolacce.
Un po' mi dispiace, ma un po' mi consola.
Perchè la mia vocina interna, quella che mi dètta zumpettando da neurone a neurone c'è ancora. E sul lobo frontale del cervello c'è ancora il mio televisore che passa i miei film, e me li fa raccontare. E sono solo miei! Non suoi!
Lui mi sta ispirando soprattutto sulle idee, e su qualche chicca che in altri momenti non avrei mai pensato. E basta.
Ed ora ne sono entusiasta. Davvero.

I grandi artisti non copiano, rubano. Dice Tarantino.
E quanto cazzo è vero.

domenica 5 ottobre 2008

Zombi in tenda


L'estate è finita. Definitivamente.
Ho smontato la tenda in giardino.
Non l'ho usata per niente, zero, neanche un giorno.
E' stata per due mesi sotto la finestra del bagno, i miei genitori la guardavano e si chiedevano "Ma che l'ha montata a fare?".
A loro non posso dirlo, perchè non potrebbero capire.
Come ogni anno, ha ospitato i miei amici zombi.
L'estate vengono sempre sfrattati dal becchino di Poggio, perchè il calore ne esalta il fetore, e puntualmente vengono a suonare al mio campanello.
Così è stato anche quest'anno.
Per un accordo precostituito, non possono attaccare nè gli umani nè gli animali che gravitano attorno alla mia casa, se io provvedo puntualmente a rinfrescare la loro dimore e gli porto il nutrimento. Che il più delle volte sono topi e rospi (non amano molto i rospi perchè hanno il sangue troppo freddo. Ma se fa tanto caldo sono un toccasana).

Ma due settimane fa c'è stato un piccolo inconveniente.
Il loro bambino, preso da un raptus di fame improvvisa, ha acchiappato la mia gatta, Sofia. E le ha strappato via una zampa.
La gatta è tornata sul portico sanguinante e mamma, la mattina successiva, l'ha soccorsa.
E' stato un incidente d'auto, ha detto il veterinario, e non lamentatevi che è il secondo che affronta e supera.
Anche due anni fa, infatti, Sofia ha subito un attacco. Perdendo parte del muso.
Poi sempre il prode veterinario le ha fatto una plastica facciale.

Ora, i miei amici zombi, sono tornati al cimitero. Il becchino ha fatto trovare loro le tombe ripulite e profumate. Fiori freschi e candele nuove.
Speriamo che per un anno lascino in pace la mia Sofia e non deambulino più dalle mie parti.

venerdì 3 ottobre 2008

La Casa dalle Finestre che Ridono, di Pupi Avati


Semplicemente meraviglioso.
Ho iniziato a vederlo leggermente prevenuta. Perchè l'interpretazione lasciava (e lascia) molto a desiderare.
Ma con lo scorrere del tempo le atmosfere, i colori e le musiche regalano al film un non so che di surreale, di grottesco. Che permea tutta l'opera e culmina sul finale. Per quanto mi riguarda, inaspettato.
La quotidianità regna sovrana. Ed accompagna dall'inizio alla fine l'incedere dell'opera. Così come i silenzi.
Che si trasformano, mano a mano, in un macabro presagio di morte.

E che locandina..