Martedì sera c'è stato Stefano Benni, per una rappresentazione di Empatia, una specie di associazione non ben identificata, volta a stimolare lo spirito assopito dei miei cittadini. In un angolo di un campo di Onna, tra la sterpaglia appena rasa e i fili spinati dei recinti degli animali. C'erano cinque gazebo, due che esponevano fotografie, uno con il palco, le sedie e un tavolo, dove sotto c'era seduto Stefano Benni con le braccia incrociate sul petto e i capelli bianchi irradiati nella luce. Il gazebo con tre lampadine gialle con sotto una porchetta snella e lunga, salami appesi su tutto il perimetro, caciotte, pecorini e prosciutti, e uno stand che vendeva bevande, soprattutto vino a birra. Siamo arrivati alle 19, giusto in tempo per vedere un chitarrista con una chitarra in grembo che strimpellava e cantava, e due persone, un uomo e una donna, seduti intorno a un tavolo. Quando il chitarrista s'è fermato, loro due hanno iniziato a recitare dei brevi skatch, lapidari e simpaticissimi, amari e ironici sulla società moderna, ovviamente scritti da Benni e talmente realistici che sembrava di stare in un film di Boldi e De Sica. La luce era fioca, l'aria tiepida, io avevo i capelli sporchi accroccati dietro la nuca, un paio di jeans e una felpa. Ogni tanto arrivava una zaffata di erba e salame, e su tutto le risate mie e del pubblico, e gli applausi. Era un'atmosfera informale, gioiosa e genuina dove tutti ci conoscevamo, dove lo schieramento era palesemente di sinistra e tutti indossavano kefie e cardigan di lana. E' stata una serata bella, spero irripetibile, perchè il magone che aleggiava su tutto e su tutti era tangibile, il sorriso spento e l'amaro alla bocca dello stomaco. Alla fine ha parlato Benni, c'ha raccontato dell'Africa, dei burattini e dei ghieò, i cantastorie. Hanno portato in Ruanda dei burattini e hanno giocato coi bambini, recitato, favoleggiato. E alla fine del viaggio erano tutti felici e stupiti di come i bambini avessero compreso sin da subito il ruolo delle marionette. La firma del libro Terra! e siamo andati a fare la fila allo stand delle leccornie pesanti.
Ci siamo mangiati un panino alla porchetta e abbiamo comprato una bottiglia di vino rosso, ci siamo seduti sul prato deserto. Con le gambe incrociate e gli spini sotto il sedere, al buio e con il freddo, abbiamo parlato. Del malessere che ci circonda, dell'insoddisfazione.