mercoledì 14 aprile 2010

Riflessioni cittadine (1)

Mi sono trasferita.
Vivo sempre a L'Aquila, ma stavolta in città, in quello che adesso si può definire il centro. A piedi posso arrivare ovunque, posso fare la spesa, posso invitare le persone a cena e nel giro di mezz'ora avere a disposizione tutte le leccornie che voglio. Ho un forno tutto mio, i fornelli, un televisore, un orologio a forma di diavolo, i miei due bonsai, o meglio, un bonsai e mezzo, che il ficus sta morendo. Posso andare al cinema senza overlo programmato, girellare per la città senza organizzarmi le tappe. Vivo in città, almeno fino a quando la persona che mi sta sopportando continuerà a sopportarmi.
E' il terzo giorno che sono qui e già mi sono ammalata. Tosse secca, naso smoccolante, dolori alle ossa. La classica febbre invalidante, ma secondo me è per l'emozione. Erano 15 anni che aspettavo questo momento e finalmente è arrivato. La febbre emozionante è il minimo sindacale. Per commemorare questo avvenimento mi sono rifatta il buco al naso e mi piace da morire, sono tornata a rilassarmi come non facevo da tempo, cavetto hdmi e via coi telefilm e gli anime. Sto vedendo un anime, Boogiepop Phantom, che ad ogni puntata mi lascia sempre con qualche dubbio dubbioso e attiva quelle rotelle del cervello che senza stimoli filosofici non si attiverebbero mai.
Perchè si ostinano a vivere se sanno che dovranno morire?
Frase del cazzo mi viene da dire, trita e ritrita, ma il cervello, come ho detto, è partito per la tangenziale.
La prima cosa che mi verrebbe da rispondere è: per soffrire il meno possibile, per affrontare ogni giorno da qui alla morte quanto meno peggio possibile. Ma poi una domanda è sorta spontanea?
E tutta la fatica che facciamo, a che serve? Non si vive bene faticando per vivere bene..
No, non si vive bene per niente, penso però che si debba trovare un compromesso: accontentarsi per vivere dignitosamente con più soddidfazioni possibile senza sacrificare il proprio di bene. Il masochismo non serve, gli aghi nei capezzoli lasciano il segno e prima o poi qualcuno se ne accorge sempre. E quel qualcuno siamo sempre noi.

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